Le basi del neuromarketing

Messaggi subliminali, manipolazioni, “l’oscura” scienza di come sfruttare e approfittare delle debolezze di cui le persone non sono nemmeno consapevoli per indurle a comprare le cose che non vogliono. Anche tu hai quest’idea del neuromarketing? Qui condivido con te i miei appunti di un corso dedicato a questo argomento/tema a cui ho partecipato poche settimane fa.

Prima di prendere parte al corso ero combattuta. L’idea che avevo sul neuromarketing, che mi sono fatta leggendo superficialmente le informazioni in rete, e il mio approccio alla comunicazione -  etico, responsabile, rispettoso - erano molto distanti. Ha vinto la curiosità e la consapevolezza che le cose non sono mai positive o negative, giuste o sbagliate, ma dipendono sempre da come le vediamo e soprattutto da come le utilizziamo.

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Mi sono, quindi, iscritta al corso con lo scopo di esplorare nuove tecniche e nuovi modi per catturare l’attenzione delle persone potenzialmente interessate ai messaggi che creo per la mia attività o per quelle dei miei clienti.

Niente manipolazioni, ma solo soluzioni nuove ed efficaci per trasmettere il messaggio alle persone interessate e perennemente distratte dalla miriade di annunci alle quali sono sottoposte. Il rumore della rete sta diventando assordante e, volenti o nolenti, siamo sempre più resistenti, insospettiti, in guardia anche di fronte agli argomenti potenzialmente interessanti. Servono, quindi, delle strategie nuove per emergere in modo elegante.

Ed è esattamente quello di cui Giuliano Trenti, ex ricercatore, fondatore e presidente di Neurexplore ha parlato durante il corso di due giorni ospitato da Progetto Manifattura a Rovereto e organizzato da Trentino Sviluppo. Qui un breve riassunto di quello che ho imparato nella speranza che ti possa incuriosire o servire per i tuoi progetti di comunicazione.


 

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Cos’è il neuromarketing?

È una nuova disciplina nata dall’unione tra il marketing tradizionale (economia), neurologia (medicina) e psicologia (scienze comportamentali). L’obiettivo è comprendere e illustrare ciò che accade nel cervello in risposta agli stimoli relativi a prodotti o pubblicità ed elaborare le strategie che aumentano le probabilità di acquisto. Il ruolo centrale nelle indagini è riservato ad alcune zone cerebrali che si attivano prima e durante il processo decisionale che precede l’acquisto (da Wikipedia).

Per condurre delle ricerche affidabili non sono sufficienti questionari, focus group e quant’altro mette in campo il marketing.

Questi strumenti sono spesso inaffidabili perché alle domande dirette le persone rispondono in modo razionale che, come vedremo, conta poco. Le nostre scelte sono spesso irrazionali e sono il risultato delle attività cerebrali che avvengono in una zona molto più profonda e sconosciuta del nostro cervello. In grado di tracciare questi segnali sono gli strumenti raffinati come i sistemi di risonanza magnetica funzionale (FMRI, Functional Magnetic Resonance Imaging) o di elettroencefalografia (EEG).

Esattamente quelli che usa un professionista di neuromarketing quando ottimizza o crea prodotti, servizi, spot pubblicitari e campagne di marketing di successo (per saperne di più).

Come (non) fallire?

Lo sapevi che più del 40% dei prodotti lanciati ogni anno va incontro al fallimento? E che una percentuale comunque alta di quelli che non falliscono, finiranno per non generare profitto? Come è possibile se pensiamo che la maggior parte dei prodotti o servizi è stata sicuramente testata su potenziali clienti oppure elaborata in risposta a una reale e specifica esigenza del mercato?

I principi di neuromarketing - oltre agli strumenti sofisticati - si basano anche su una serie di strumenti pratici, ragionamenti e metodi che possono proteggere dai fallimenti.

La prima cosa importante da sapere è che la razionalità non induce all’azione.

Il lobo frontale del nostro cervello che ha il “compito” di elaborare i pensieri, le idee, e tutti quelli ragionamenti complessi e sofisticati, non incide sulle nostre azioni (fonte).

Questo compito è in capo al sistema limbico dove è situata la ghiandola che si chiama amigdala, implicata nelle nostre esperienze emotive. Le sue numerose funzioni e connessioni sono ancora inesplorate. Sappiamo che è coinvolta nella memoria e nell’apprendimento, nelle reazioni di ansia e paura dovute agli stati emotivi, nel controllo del dolore e dell'aggressività, nella sessualità.

Prima di passare all’azione il nostro cervello elabora gli stimoli e i segnali in base ad alcuni circuiti. Ai fini del neuromarketing è particolarmente interessante il Circuito delle ricompense (Brain Reward System) che gestisce e influenza la propensione all’acquisto. Agiamo, quindi, solo dopo aver sentito il desiderio.

Il circuito di ricompensa

Bene, adesso, giusto per complicare le cose, diciamo che i circuiti che elaborano i nostri desideri e i nostri piaceri (gradimento) non sono gli stessi.

Può benissimo succedere che un prodotto ci piace, ma non lo desideriamo oppure lo desideriamo senza provare piacere (spesso le persone con delle dipendenze patologiche ammettono che desiderano la sostanza dalla quale sono dipendenti senza provare il piacere nel consumo).

Dunque, molto brevemente, il circuito delle ricompense collega tre aree del cervello di cui due sono situate nel nostro “cervello emotivo” ovvero nel sistema limbico. È da qui che parte l’avvertimento che ci troviamo in prossimità di una cosa che può darci una ricompensa. Il segnale passa ad un’altra area del cervello dove un potente neurotrasmettitore - dopamina - attiva i meccanismi che creano una pulsazione di desiderio, piacere o motivazione. E fin qui tutto succede in modo implicito, Solo quando il segnale arriva al lobo frontale viene razionalizzata la decisione.

Curiosità: una volta si pensava che la soddisfazione arrivasse nel momento in cui si otteneva la ricompensa che aveva fatto scattare il desiderio. Adesso si sa che la parola chiave è “l’immaginazione”. L’attesa è il momento in cui viene rilasciata la quantità maggiore di dopamina.

L’aspettativa di ricompensa è più grande e più importante nella nostra esperienza della ricompensa stessa!

Osservando questo sistema con gli strumenti giusti è possibile prevedere se la persona farà o meno un certo acquisto. Il “segreto” sta nella dopamina il cui rilascio è direttamente legato alla propensione all’acquisto.

Per approfondire le basi psicobiologiche dello shopping ti suggerisco di leggere quest’articolo molto interessante.

Inoltre, è importante sapere che:

  • gli elementi per il rilascio della dopamina sono diversi in quanto le persone, essendo diverse, cercano ricompense diverse. La ricompensa, quindi, corrisponde a una qualsiasi cosa in grado di modificare il comportamento di una persona;

  • gli obiettivi possono essere razionali, legati alla fungibilità di un’esperienza come, per esempio, risparmiare denaro, dormire al caldo, camminare comodi. Questi obiettivi razionali sono importanti, ma non generano grandissime pulsazioni e siamo capaci di esprimerli a voce;

  • gli obiettivi possono essere anche sociali/emotivi ovvero impliciti. Qui le motivazioni sono più profonde, possono riguardare il prestigio o altre convinzioni o valori che abbiamo creato nel contesto in cui viviamo. Spesso non ne siamo consapevoli e non siamo in grado di esprimerli a voce.

Oltre agli obiettivi e alle ricompense che guidano le nostre scelte, un altro elemento fondamentale per decidere è la fiducia.

Ora chiediti: stai comunicando informazioni rilevanti per il tuo target? Il contenuto della tua comunicazione lo fa desiderare? Fa immaginare e aspirare la ricompensa?

IL VIAGGIO DELL’EROE

Le persone amano le storie. Una buona trama ci tiene incollati alla TV, al libro e anche a una buona pubblicità. Ma quali sono gli elementi fondamentali che garantiscono un maggiore successo?

Ecco una traccia che spesso viene replicata nelle storie che amiamo di più, dalle serie TV alla pubblicità appunto:

catturare attenzione per esempio con una sorpresa entro 3-5 secondi;aumentare il livello di coinvolgimento emozionale (introdurre il protagonista);creare tensione (nella maggior parte degli spot televisivi si tratta di una tensione negativa che vive il protagonista);risolvere la tensione in modo positivo;presentare il brand in modo semplice e non pretenzioso.

Una piccola nota: la tensione negativa del punto 3 in rete non ha una risposta ottimale. Le persone in rete possono decidere se vedere una pubblicità o meno e di solito la saltano nel caso del contrasto iniziale negativo. Per rimediare si consiglia di attirare l’attenzione del pubblico con una situazione positiva.

La previsione dell’acquisto

Ok, hai fatto una campagna, un video o una presentazione ad alto livello “dopaminico” che quindi fanno leva soprattutto sugli obiettivi impliciti. Adesso pensi che la strada verso il cuore del tuo cliente sia in discesa? Ti sbagli. I potenziali clienti adesso desiderano il tuo prodotto, ma la dopamina da sola non basta. Per esempio, se successivamente al rilascio della dopamina si attiva il “lobo dell’insula” da dove, tra numerose altre cose, parte la sensazione di disgusto, il “vantaggio” iniziale è perso. Puoi desiderare del cioccolato, ma se scopri che il prezzo è “indecente” l’effetto dopamina sarà sostituito dal disgusto.

Il modello utile per comprendere questi meccanismi è quello di Herbert Simon, premio Nobel nel 1978 "per le sue pionieristiche ricerche sul processo decisionale nelle organizzazioni economiche". È utile anche per comprendere il processo decisionale dei tuoi clienti in base a questo schema:

Obiettivi

Cos’è che spinge il tuo cliente all’acquisto di un determinato prodotto o servizio? Qual è la sua esigenza oggettiva, che problema risolve? E a livello inconsapevole ed emotivo, cosa potrebbe essere determinante?

Raccolta informazioni

In questa fase bisogna mettersi nei panni del cliente e provare a immaginare quali potrebbero essere le informazioni che prende in considerazione per raggiungere obiettivi identificati nel punto precedente. È un passaggio delicato e complesso che può essere gestito grazie a una buona conoscenza del cliente e delle sue abitudini tenendo a bada gli eventuali bias cognitivi (un errore di valutazione o una mancanza di oggettività di giudizio).

Elaborazione informazioni

Considera e analizza i possibili confronti che il cliente farà tra la tua e le offerte dei tuoi competitor. Analizza il prezzo, la reputazione, i punti forti e le debolezze e tutto quello che pensi che la persona propensa a fare un acquisto possa prendere in considerazione.

Presa della decisione

A questo punto ricordati che le decisioni non sono mai logiche e lineari a causa delle nostre capacità cognitive limitate.

Modello di comunicazione

Adesso che hai capito come funziona il rilascio della dopamina e il processo decisionale, puoi tirare un sospiro di sollievo? Basta applicare queste conoscenze e i clienti verranno? La risposta è no, anche se sei sulla buona strada!

Il “sì” di una persona a una tua proposta dipende anche dalle emozioni che non hanno una decodifica razionale affidabile rispetto a quello che dentro di noi accade. In altre parole, quello che le persone sentono veramente e quello che dichiarano possono essere due cose molto distanti - magari non in cattiva fede - ma perché l’interpretazione non è sempre immediata. Le variabili, come puoi immaginare, sono tante a cominciare dallo stato d’animo, ovvero quella sensazione di fondo che colora le nostre giornate, può persistere anche per periodi lunghi, ed è influenzata dal carattere, ma anche - per esempio - dalle condizioni meteorologiche.

E poi ci sono le emozioni, variazioni di breve durata dello stato d’animo. Sono più brevi e intense e hanno connotazioni fisiche e mentali. Quando siamo emozionati dentro di noi accadono dei cambiamenti cerebrali, ormonali, etc. Un’emozione modifica l’attività cerebrale e questa, come abbiamo visto, cambia il comportamento.

Per influenzare il comportamento, l’emozione, negativa o positiva. dovrebbe essere forte perché nella comunicazione l’opposto dell'amore non è l’odio, ma l'indifferenza. Se nella comunicazione userai emozioni negative o positive dipenderà dagli obiettivi che ti sei dato.

L'indifferenza è la forza più potente dell’universo. Rende tutto ciò che tocca senza senso. Amore e odio non hanno una possibilità contro di essa.

(Joan Vinge)

La comunicazione, il nostro messaggio e i contenuti dovrebbero emozionare il cliente e non compiacere l’azienda, il titolare o chi per esso. Ecco perché succede che contenuti  di alcune realtà possono risultare autoreferenziali. È un errore comune perché spesso “dall'interno” non è facile fare quel passo indietro necessario per scoprire i contenuti utili e interessanti che spesso non combaciano con quelli che l’azienda reputa rilevanti.

Ecco alcuni elementi che puoi usare nella comunicazione per emozionare il tuo pubblico o i tuoi clienti:

i volti delle persone;l’empatia e l’identificazione con le situazioni vissute, emozioni provate;i panorami con profondità di campo;le sorprese e le cose inattese, assurde o esagerate;i bambini e i cuccioli;la musica coinvolgente (difficile oggettivizzare coinvolgimento)le mani, il tocco, l’affetto.

Conclusioni

Il neuromarketing è sicuramente una risorsa importante non solo per le persone che si occupano di comunicazione e marketing, ma anche per i manager, dirigenti o chiunque si trovi nella situazione di decidere le sorti e le strategie di un’impresa.

Prevenire è sempre meglio che curare e questi strumenti sono preziosi alleati che ti aiutano ad allenare la mente a una visione più ampia e decisamente più incentrata sul cliente.


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